Lotta alla corruzione, crisi diplomatica Romania Olanda

L’uniformizzazione dei sistemi giuridici europei al fine di combattere la corruzione su scala comunitaria è ancora un problema; nonché causa di dissidi e tensioni diplomatiche fra le segreterie degli Stati membri della Ue. Cristian Diaconescu

Lo dimostra la recente e polemica cancellazione del due settembre della visita di Stato programmata dal ministro degli Esteri di Romania Cristian Diaconescu in Olanda, come protesta contro la decisione dell’Aia di negare l’accesso alla Bulgaria e alla Romania all’aria di libera circolazione delle persone di Schengen, a causa della mancata implementazione dei protocolli di sicurezza anticorruzione, secondo il governo olandese, da parte di Bucarest e Sofia. L’origine della faccenda risale al primo gennaio 2007, quando Bulgaria e Romania entrarono nella Ue. Per soddisfare pienamente i criteri del sistema giudiziario europeo, Bucarest e Sofia avrebbe dovuto dar luogo ad una serie di riforme relative alla lotta anticorruzione e, nel caso della Bulgaria, alla lotta contro il crimine organizzato. L’integrazione comunitaria fu, quindi, decisa da Bruxelles ma a parziale esclusione del sistema giudiziario, istituendo il Meccanismo di Verifica e Cooperazione che, da un lato, supportava le riforme nei due Paesi, dall’altro dettava una serie di misure sanzionatorie quali il blocco dei fondi comunitari e il non riconoscimento delle sentenze dei tribunali locali, qualora non si fossero registrate le auspicate e necessarie riforme.

La Commissione Ue statuiva per i due Paesi delle “To do list” (obiettivi) che includevano, ad esempio, anche l’eliminazione delle immunità parlamentari con riferimento alle mere attività investigative. L’ultimo report di valutazione Ue del 22 luglio, fra l’altro, riteneva soddisfacenti le politiche adottate, fino ad allora, dalla Bulgaria e dalla Romania. L’obiettivo di entrare nell’area Schengen per il 2011 sembrava alla portata.
Il governo olandese ha, però, pubblicato il 28 agosto un documento dove si afferma che gli sforzi per contrastare la corruzione da parte di Bulgaria e Romania sono, in realtà, inadeguati ed è intenzione del governo olandese rifiutare l’ingresso Schengen e bloccare i fondi Ue.
La Bulgaria, fra l’altro, ha fin’ora perso milioni di euro di fondi Ue a causa della cattiva gestione degli stessi: la corruzione e la spesa clientelare diffuse in quel Paese hanno, probabilmente, pesato non poco. Già in passato i finanziamenti erano stati, infatti, sospesi. In modo pungente, il documento pubblicato dall’Aia riferisce che la posizione assunta dal governo non è da considerarsi “punitiva” a fronte della pessima spesa bulgara; ma la verità politica potrebbe essere proprio quella. E’ chiaro che esiste un disagio, in Europa, da parte di quei Paesi che maggiormente contribuiscono al bilancio comunitario, verso quelle nazioni percettrici di grandi finanziamenti scialacquati o mal spesi. Allo stesso tempo, l’integrazione economica dei nuovi Paesi dell’Unione è un vantaggio significativo proprio per quelle nazioni più ricche che conquistano nuovi mercati per le loro imprese che sono agevolmente in grado di sbaragliare la concorrenza locale in un contesto di libero mercato.
Le restrizioni su Schengen, quindi, comportano questa paradossale situazione. I mercati sono liberi, ma i cittadini no. La limitazione del trattato di libera circolazione, infatti, coincide con una significativa compressione del concetto di cittadinanza europea, dando luogo proprio a quella “unificazione dei mercati ma non delle nazioni” che molte elite di Bruxelles vogliono evitare per non appiattire Eurolandia su quella dimensione tecnocratica che sarebbe, secondo sia l’estrema destra che l’estrema sinistra, la vera natura della Ue.

D’altronde, il governo romeno, rispondendo stizzito e offeso alla nota olandese, sottolinea come la posizione dell’Aia appaia paradossale alla luce del fatto che l’Olanda è il primo investor in Romania, con 4,5 miliardi di euro l’anno spesi. Se le misure punitive invocate dall’Aia fossero adottate, in definitiva, quale sarebbe lo scambio fra la “vecchia Ue” e le nuove nazioni come Bulgaria e Romania? Bucarest e Sofia metterebbero a disposizione nuovi mercati per i capitali olandesi senza avere in cambio né finanziamenti né diritti di cittadinanza. E’, altresì, vero che la debolezza e la corruzione del sistema giudiziario di alcuni Paesi rappresentino la vera testa di ponte della criminalità internazionale verso Eurolandia.
Fra il 1995 e il 2007 l’Unione ha quasi raddoppiato i suoi membri passando da 15 a 27. Il desiderio di ampliare il mercato ha prevalso, in definitiva, su di una effettiva valutazione dei progressi di alcuni Stati circa la reale capacità ci conformarsi all’acquis comunitario, al di là della dimensione prettamente burocratico-normativa.

View All

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *