Crisi e ambiente, i costi della salute

Pochi investimenti sull’ambiente e aumentano i costi sulla salute, il New Energy Finance dimostra che gli Stati devono spendere di più

La crisi danneggia l’ambiente.  Gli analisti del New Energy Finance (NEF) dal summit Global Futures 2009 di Londra, infatti, hanno fatto due conti ed hanno valutato i costi indiretti della crisi giungendo a delle conclusioni spiazzanti.
ambiente

Fra gli shadow costs (costi ombra) più perniciosi e beffardi, infatti, vi sarebbero quelli legati alla diminuzione degli investimenti sulle altre fonti di energia. Gli investimenti, infatti, in questo momento sembrano seguire delle logiche di economicità di breve durata: di fronte alle esigenze di contenere i costi, le economie stanno puntando nuovamente ed in modo massiccio sul petrolio.

Allo stato attuale, infatti, le energie rinnovabili offrono delle prestazioni efficienti nella lunga durata, giacché nel breve periodo bisogna fare fronte agli ingenti costi sulla ricerca che, ovviamente, diminuiscono nel tempo. Il petrolio, invece, è apparentemente – cioè ora – meno costoso. Soltanto che l’inquinamento prodotto dal combustibile fossile, nella lunga durata genera ingenti esternalità negative; ovvero, comporta dei costi indiretti legati alla distruzione dell’ambiente e ai danni che la raffinazione del petrolio causa alla salute umana.

Il report del NEF stima che l’impatto della recessione sulle emissioni di CO2 sarà pari a circa un miliardo di tonnellate per anno.

Quello che sta accadendo alla ricerca sulle rinnovabili è un fenomeno ben noto agli economisti, studiato dal Mancur Olson nella teoria dei giochi. Secondo Olson, senza una struttura terza che incentiva gli atteggiamenti virtuosi di lunga durata – veramente economici – gli attori puntano su di un comportamento apparentemente razionale (risparmiare), che nella lunga durata genera esiti collettivi disastrosi.

In pratica, nel mercato della ricerca, solo lo Stato può incidere in modo significativo al fine di ottenere una riduzione della Co2. Invece, gli Stati nazionali stanno spendendo circa 150 miliardi di dollari, per il 2008, mentre la cifra ottimale si attesta intorno ai 500 miliardi annui, fino al 2020. Con questa cifra, siamo in grado di implementare politiche energetiche realmente efficienti, basate sulle rinnovabili.

Michael Liebreich, dello staff del NEF, ha, infatti dichiarato all’Ansa che “se non si corre subito ai ripari, è impensabile credere di riuscire a ridurre le emissioni di CO2 a partire dal 2020”. L’economia, in questo caso, proprio come il buon senso, ci dimostra che un certo tipo di risparmio può essere solo un cattivo affare.

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